A che punto è, nel nostro sistema sanitario, il riconoscimento di un assegno di studio per i tirocinanti infermieri e per gli altri laureandi delle professioni sanitarie dell’area non medica? E soprattutto quanto costa per un infermiere un percorso di specializzazione post laurea? Un infermiere laureato che segue un percorso di specializzazione può contare su un aiuto economico dallo Stato?
A quanto pare siamo agli ultimi posti in Europa per il riconoscimento di un seppur minimo rimborso spese per tirocini che conducono alla laurea in Infermieristica, ma al contrario prevediamo un rimborso per i tirocinanti che si avviano alla laurea base in Medicina e addirittura un congruo assegno per i medici specializzandi. Stiamo parlando in questo caso di una retribuzione mensile di 1.650 euro, non certo irrisoria, da cui sono esclusi psicologi, farmacisti, veterinari, biologi, chimici, specialisti in fisica medica, ma soprattutto infermieri e ostetriche.
Frequentemente molti giovani infermieri neo-laureati non hanno la possibilità di affrontare i costi che una scuola di specializzazione comporta (tra mille e i 2mila euro per ogni anno), aprendo pertanto scenari di abbandono del percorso formativo o persino casi di sub lavoro sottopagati e impropri. D’altro canto, il lavoro svolto dagli studenti in qualità di tirocinanti rappresenta un apporto significativo, di cui il Ssn beneficia. Il loro importate contributo facilita i processi organizzativi, compensando la carenza di organico e il mancato turnover.
E cosa accade in Europa? Mai prima d’ora il Parlamento europeo aveva espresso ufficialmente come propria, la posizione di messa al bando dei tirocini non remunerati. Lo scorso gennaio ha condannato con estrema decisione tale condotta che in Italia viene attuata sistematicamente negli ospedali pubblici e privati, che spesso sfruttano gli studenti utilizzandoli come sub lavoratori durante la loro formazione. Accade fin troppo spesso ad infermieristica, e i dati sono allarmanti.
Gli studenti vengono chiamati, quindi, a tappare quei buchi che il sistema sanitario non argina tramite assunzioni pubbliche ed a coprire turni di infermieri assenti o talvolta mancanti. Addirittura, spesso i tirocinanti vengono mandati all’interno delle corsie senza una giusta guida da parte del tutor clinico o del personale infermieristico, senza che nessuno spieghi loro le procedure di svolgimento delle attività, mettendo così a rischio la buona riuscita delle attività stesse.
Vanno garantite retribuzioni e tutele a tirocini extra-curricolari e post-lauream. E vanno perlomeno finanziati i rimborsi per i tirocini curricolari, oltre a garantire la qualità della formazione di tirocini e stage. Ci sono del resto Paesi che sono avanti anni luce rispetto a noi. E’ chiaro che in Italia qualcosa deve cambiare. Prima di tutto siamo di fronte a un netto calo di laureati in Infermieristica. Per la prima volta dal 2011 il numero dei laureati in Infermieristica è sceso sotto 10mila.
Di questo passo continueremo a perdere infermieri per strada (il 30% nei prossimi tre anni), privandoci di coloro che già esercitano la professione, ma che stanchi e delusi scelgono di abbandonare l’Italia o di dimettersi dalla sanità pubblica per abbracciare la libera professione, ma soprattutto ci troveremo di fronte alla problematica dei professionisti che vanno in pensione, senza un adeguato ricambio generazionale.
Le conseguenze saranno assai deleterie per la qualità dei servizi sanitari: avremo sempre meno infermieri, con il rischio di dover mettere l’assistenza nelle mani di figure surrogate, oppure di ricorrere a professionisti stranieri, i quali, “solluccherati” dalle politiche stipendiali degli altri Paesi d’Europa, lasceranno anche loro l’Italia in men che non si dica. E’ davvero questa la sanità che vogliamo?
Redazione infoNurse
Fonte: Nurse Times
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