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“Prima possibile la terza dose per i sanitari” Omceo Roma: “Sta per iniziare una nuova stagione e rischiamo chiusura reparti”

Roma – “Riteniamo necessario che sia attivata il prima possibile la procedura per la terza dose da destinare almeno ai sanitari che sono stati tra i primi ad essere vaccinati”. Così il presidente dell’Ordine dei medici di Roma, Antonio Magi, interpellato sul tema dall’agenzia Dire.


“Sono loro ora i soggetti maggiormente a rischio di infettarsi, perché sicuramente la loro risposta anticorpale si è abbassata molto, essendo passati molti mesi dalla vaccinazione- prosegue- Bisogna evitare che questi colleghi diventino positivi e che si ammalino, soprattutto in questo momento, perché stiamo per entrare in una nuova stagione e non sappiamo come andrà. È importante che tutti i medici siano in servizio e che non vadano in quarantena, perché il rischio è quello di chiudere i reparti proprio per mancanza di personale medico”. Secondo Magi, quindi, si deve vaccinare “il più possibile per dare una risposta anticorpale e per ridurre al massimo il rischio che un medico si ammali in servizio”. Per il richiamo del vaccino ai sanitari si attende l’ok da parte del Comitato tecnico scientifico. “Speriamo che venga dato a breve”, conclude Magi.

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Meglio farlo perché convinti che per decreto
Magi: preferibile che le persone capiscano che è un atto di responsabilità

“Pare ci sia stato un aumento di circa il 30% del numero di prenotazioni. Ma avrei preferito che le persone arrivassero a vaccinarsi con più convinzione, non a seguito di un decreto”. È il commento rilasciato all’agenzia Dire dal presidente dell’Ordine dei medici di Roma, Antonio Magi, in merito ad un aumento nella richiesta del vaccino anti-Covid dopo il decreto relativo al Green pass, che estende l’obbligo di certificazione verde a tutti i lavoratori (circa 23 milioni in Italia), a partire dal prossimo 15 ottobre.


“Vaccinandoci tutti- prosegue Magi- ci diamo una mano ad uscire il prima possibile da questa emergenza sanitaria. Il Green pass non è soltanto un ‘fatto’ amministrativo che limita i nostri movimenti, ma dovrebbe essere inteso come un atto di responsabilità per superare la crisi, per lasciare una Nazione aperta e anche per cercare di non affogare la sanità, in maniera tale che possa occuparsi non solo dei malati di Covid ma anche del resto dei pazienti- conclude- che sono tanti e che hanno bisogno di servizi sanitari disponibili”.

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