Firenze, 22 giugno 2020 – Non è cambiata la qualità del lavoro degli infermieri con l’arrivo del Covid-19. Sono sempre stati abituati a lavorare con serietà, a vivere nell’emergenza e a convivere con grossi carichi di lavoro. Ma oggi, con questa pandemia, l’infermiere si fa carico ogni giorno e più di prima di un fardello interiore che pesa come un macigno. A spiegare la situazione è Celestino Varone, membro della commissione etica dell’Ordine interprovinciale delle Professioni Infermieristiche Firenze-Pistoia.
Ma noi siamo abituati a vivere in emergenza perenne, solo che non tutti se ne sono mai accorti. Abituati a operare con professionalità, non sempre retribuita adeguatamente. Finalmente ora viene dato risalto allo spessore etico di questa professione.
Viviamo con la paura di dover fare i conti con la coscienza, della minaccia reale che il Covid-19 rappresenta per le nostre vite e quelle delle persone vicine. Una paura, questa – prosegue -, che l’infermiere si trova accanto tutti i giorni, quanto si veste e si sveste “da marziano”. Solo chi vive questa paura può comprenderla e capire quanto possa cambiare se stessi e i rapporti con gli altri. Finché il Coronavirus non ci tocca da vicino non sembra reale, ma lo è.
E allora il contagio o la paura del contagio porta come conseguenza la disgregazione di gruppi di lavoro, rapporti personali con colleghi e affetti. È a questo punto – dice – che il valore del lavoro dell’infermiere ha un peso fondamentale. Questo perché si fa carico di un fardello interiore pur continuando a svolgere il suo lavoro di sempre. Ed è allora – conclude – che i riflettori si accendono su quello che viene riconosciuto come “eroe” del nostro tempo ma che non ha mai smesso di operare come tale».
Celestino Varone (Opi Fi-Pt)
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