Coronavirus: da Wuhan arrivano nuovi dettagli clinici sull’infezione

La rivista medica JAMA ha pubblicato nelle ultime ore un articolo che descrive le caratteristiche cliniche di 138 pazienti ricoverati in un ospedale di Wuhan, l’epicentro dell’epidemia.

Il nuovo coronavirus si è ormai diffuso in tutta la Cina, ma la zona più drammaticamente colpita, l’epicentro da cui sicuramente tutto è partito, è la provincia dello Hubei e in particolare la città di Wuhan. È da lì che provenivano i nostri 56 connazionali, di cui uno risultato positivo al virus, attualmente in isolamento a Roma. È da lì che sicuramente devono arrivare i dettagli clinici su questa nuova infezione che sta spaventando il mondo.

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Notizie da un ospedale di Wuhan
È proprio da un ospedale di Wuhan che provengono i dettagli di uno studio pubblicato nelle ultime ore sul prestigioso JAMA– Journal of the American Medical Association, in cui sono descritte le caratteristiche di 138 pazienti ricoverati dal primo gennaio al 28 gennaio scorsi e i cui dati clinici sono stati raccolti fino a cinque giorni fa (3 febbraio). Questo nuovo studio porta a quasi 650 i pazienti finora descritti, aumentando ulteriormente la nostra conoscenza delle caratteristiche cliniche delle forme più gravi di quest’infezione.

Nessuna differenza tra i due sessi
La prima cosa che emerge dall’analisi del nuovo studio è la smentita di uno dei dati che sembrava evidenziarsi dalle prime segnalazioni, ovvero il fatto che il sesso maschile fosse molto più colpito rispetto a quello femminile. Dei 138 pazienti analizzati, solo poco più della metà (75) è rappresentato da maschi. Questo fa capire come sia difficile interpretare correttamente i dati nei primi giorni di un’epidemia, quando le prime osservazioni cliniche possono essere influenzate dalla maggiore esposizione a un dato fattore di rischio. Nel caso specifico, il più alto numero di maschi infettati nelle prime ore era probabilmente legato al fatto che maggiore era il numero di maschi che frequentava l’ormai famigerato mercato di Wuhan.

Sintomi dell’infezione
Dall’analisi delle caratteristiche generali dei pazienti ricoverati emerge come maggiormente colpita sia la fascia tra i 55 e i 60 anni di età (mediana 56 anni). I segni e sintomi più frequenti sono febbre (presente in tutti i pazienti ospedalizzati tranne due), spossatezza (presente in circa il 70% dei casi ricoverati) e tosse secca (ovvero senza grossa produzione di muchi, presente in circa il 60% dei pazienti.) Non mancano, però, presentazioni meno frequenti come il rifiuto del cibo (40%), dolori muscolari (35%), evidenti difficoltà respiratorie (31%), mal di gola (17,5%) o sintomi gastroenterici come diarrea (10%)e nausea (10%).

È interessante notare come in media erano 5 i giorni che passavano dai primi sintomi più lievi a quelli più importanti, mentre erano 7 i giorni dai primi sintomi al ricovero in ospedale. Questo sicuramente un fattore che ha favorito la diffusione del virus a Wuhan e nello Hubei durante le prime settimane dell’epidemia.

Forme gravi dell’infezione
Lo studio appena pubblicato ci dà anche uno spaccato importante delle forme più gravi dell’infezione, quelle che richiedono il ricovero in Terapia Intensiva e mettono a rischio la vita del paziente a seguito di una drammatica compromissione della sua capacità di respirare. Fra quelli descritti, ben 36 pazienti (il 26%, più di uno su quattro) sono finiti in Terapia Intensiva, con un maggior rischio per i pazienti più anziani (mediana 66 anni) e per quelli affetti da altre patologie, come ipertensione, diabete e patologie cardiovascolari. Dei pazienti più gravi, 6 non ce l’avevano fatta al 3 febbraio con una mortalità, quindi, superiore al 4%. Ricordiamo, però, che questo valore di mortalità si riferisce a pazienti ospedalizzati, ovvero colpiti da una forma più severa dell’infezione.

Trasmissione in ospedale
Ultimo dato che è utile sottolineare, in quanto dà l’idea della gravita della situazione soprattutto nei primi giorni dell’infezione, è il numero di trasmissioni avvenute all’interno dell’ospedale. In altre parole, nello studio si descrivono 40 casi verificatisi in operatori sanitari e 17 casi in pazienti già ricoverati in quell’ospedale per altri motivi. Più del 40% del totale. Una situazione incredibile che ricorda molto, anzi probabilmente supera, quanto già avvenuto per la SARS.

Chiudiamo con un dato positivo: i colleghi cinesi riferiscono che al 3 febbraio erano 47 i pazienti dimessi (il 34% del totale, più di uno su tre), in quanto avevano superato l’infezione. Un segno di speranza che non deve però fare abbassare la guardia. Ricordiamo, infatti, che tutte le casistiche finora pubblicate si riferiscono a pazienti ospedalizzati e quindi alle forme più gravi dell’infezione. Questo non ci permette di avere ancora un quadro completo di come il nuovo coronavirus possa trasmettersi quando le manifestazioni cliniche sono assenti o ancora molto sfumate. Come ripetiamo sin dall’inizio, è su quest’aspetto che si deve quanto prima far chiarezza.

Redazione

Fonte: www.medicalfacts.it

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