Pazienti letteralmente fuori controllo, un piano del Viminale certamente inefficace, con i presidi delle forze dell’ordine ad oggi insufficienti nelle grandi strutture sanitarie metropolitane, soprattutto agenti totalmente assenti dopo la mezzanotte, con i pronto soccorso che diventano “porto franco” di sbandati, tossicodipendenti, ubriachi e cittadini esagitati. Dalla Campania alla Lombardia abbiamo vissuto l’ennesima settimana di terrore per gli infermieri. Basta una scintilla e potrebbe davvero scapparci la tragedia.
L’abbiamo nuovamente sfiorata nell’ultima settimana. Siamo arrivati ai coltelli e ai manganelli nelle corsie dei pronto soccorsi. A Nocera Inferiore, grande comune campano, solo pochi giorni fa, un paziente è stato bloccato con un manganello pieghevole in tasca. Lo ha brandito per ore contro gli infermieri.
All’alba di sabato 12 maggio, erano le 6 del mattino, al pronto soccorso del Niguarda, siamo a Milano, una paziente, una donna di 27 anni, in evidente stato di agitazione, ha minacciato gli infermieri con un coltello per poi cominciare a dare in escandescenza e a ferirsi da sola. La polizia è arrivata sul posto solo perché allertata dal personale sanitario. A quell’ora, in un pronto soccorso grande come quello del Niguarda, può succedere di tutto. Medici e infermieri dopo la mezzanotte si ritrovano letteralmente abbandonati a se stessi.
Nel 2020 si è cercato di arginare questa problematica attraverso la legge 113 del 14 agosto (“Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”), approvata praticamente all’unanimità ed entrata in vigore il 24 settembre dello stesso anno. Una legge su cui fummo chiamati anche noi a dire la nostra in Parlamento. In sostanza la normativa ha previsto che le ipotesi in cui le lesioni siano cagionate al personale esercente una professione sanitaria o sociosanitaria costituiscono una circostanza aggravante speciale che inasprisce le pene (art. 583 quater codice penale).
Pertanto, in caso di lesioni gravi è prevista la reclusione da quattro a dieci anni e in caso di lesioni gravissime da otto a sedici anni. Inoltre, anche fra le aggravanti comuni (art. 61 del Codice penale) è stato inserito un riferimento al personale sanitario e sociosanitario.
Proprio per questo si continua a discutere della possibile approvazione di una ulteriore normativa che renda tutti gli operatori sanitari pubblici ufficiali, per il momento di fatto lo sono solo i medici, opzione che in sede di approvazione della legge 113/2020 era stata scartata. Infatti, secondo il legislatore se da una parte tale qualifica avrebbe tutelato gli operatori sanitari vittime di reati con pene più dure a carico dei responsabili e con la procedibilità d’ufficio per un numero maggiore di casistiche; dall’altra avrebbe attribuito loro maggiori responsabilità, con un bilanciamento sproporzionato.
Se questo voleva e doveva essere un deterrente per fermare le aggressioni, fin qui non è cambiato nulla. Il fenomeno delle violenze è in costante ascesa e ha assunto una brutalità spaventosa. Siamo di fronte a una vera e propria piaga sociale. E se siamo arrivati alle armi nei pronto soccorso, è sintomo di un reale male di vivere, di una rabbia che va arginata sul nascere solo con la presenza degli agenti, 24 ore su 24, e sette giorni su sette.
Redazione InfoNurse
Fonte: Nurse Times
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