Infermieri

Intervista ad Eugenio Botta:”Dopo l’aggressione subita tornerò in corsia più forte di prima”

Domenica 2 febbraio si è consumata una delle ennesime aggressioni ai danni del personale sanitario in servizio presso uno dei tanti ospedali italiani.

A farne le spese è stato il dott. Eugenio Botta, infermiere 33enne originario di Polla, in provincia di Salerno. Era in servizio presso l’u.o. di Medicina d’Urgenza dell’ospedale Carlo Poma di Mantova quando un paziente di 18 anni in stato di grave agitazione psicomotoria gli ha sferrato una testata fratturandogli le ossa del setto nasale.

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Riportiamo di seguito l’intervista che il collega Eugenio Botta ha rilasciato in esclusiva per la redazione di Nurse Times.

Buongiorno Eugenio, puoi raccontarci cosa sia accaduto nel tuo ultimo turno lavorativo?
Si è trattato di un paziente affetto da psicosi, ricoverato in medicina d’urgenza per una forma di bradiaritmia dovuta a sovradosaggio di farmaci antipsicotici e allungamento del tratto QT. Era appena stato trasferito dal reparto di Psichiatria, dove era giunto poco prima in seguito ad un TSO.

Avendo notato un’alterazione del tracciato cardiaco è stato predisposto il ricovero in medicina d’urgenza per un attento monitoraggio ed una consulenza cardiologica urgente.

Questo ragazzo però non stava assumendo alcuna terapia farmacologica da una settimana, essendo in fase di washout.

È stato ricoverato alle ore 5 del mattino, un’ora prima che montassi in turno. Alle ore 8.30 ho subito la violenta aggressione: il paziente presentava un’alterazione dello stato di coscienza che entro breve si è trasformata in uno stato di delirio. Ha immediatamente strattonato il medico giunto in soccorso tentando poi di fuggire dalla stanza.

Poco dopo sono arrivato anch’io, venendo colpito con una testata dal paziente. Lo stesso ragazzo ha poi tentato di gettarsi dalla finestra del corridoio, situata al terzo piano. Ho tentato di fermarlo afferrandolo per l’addome, venendo preso a pugni in faccia e sul corpo fino a subire la frattura delle ossa del setto nasale e dell’osso piramidale.

Grazie all’arrivo dei colleghi del reparto accanto al nostro e alle guardie particolari giurate, siamo riusciti ad immobilizzare il ragazzo a terra e a somministrargli 15 mg di midazolam intramuscolo per sedarlo, ed una successiva terapia in continua di mantenimento.

Quale reputi sia stata la causa che ha portato a questo evento?
La causa è da attribuire alla cattiva gestione del paziente: il ragazzo avrebbe potuto rimanere in psichiatria ed essere monitorato con un dispositivo portatile. Il personale del reparto di origine avrebbe potuto eseguire l’elettrocardiogramma ed interpretarne il referto oppure avvalersi della consulenza di un cardiologo.

Anche l’aspetto logistico deve essere preso in considerazione: in psichiatria tutte le finestre sono chiuse a chiave, mentre non è così per quelle presenti in medicina d’urgenza, situata tra l’altro al terzo piano. Le cause principali sono state dunque la cattiva gestione e la negligenza di alcuni professionisti che hanno precedentemente visto il paziente.

Alla luce dei fatti, cosa reputi possa rendere più sicuro il tuo posto di lavoro?
Un professionista sanitario che ha come obiettivo quello di promuovere la salute deve poter lavorare in sicurezza. Non si possono aiutare le persone dal punto di vista sanitario e ricevere un trattamento che si potrebbe aspettare un soldato che parte per andare in guerra. La speranza di un infermiere deve continuare ad essere il perseguimento della salute del paziente. Non è più possibile pensare di dover andare al lavoro con la paura di non fare mai più ritorno a casa.

Intendi procedere per vie legali nei confronti dell’aggressore o del tuo datore di lavoro?
Non ho intenzione di procedere ne contro l’azienda ne contro il ragazzo; denunciare un paziente affetto da psicosi sarebbe come sparare sulla Croce Rossa. Presentando un’alterazione dello stato di coscienza e di vigilanza e con una patologia conclamata, occorre considerare il ragazzo come incapace di intendere e di volere.

L’unica cosa che mi preme ora è evitare che questi episodi si possano nuovamente ripresentare. Mi auguro che le tutele per i professionisti della salute non riguardino solo il rischio biologico ma anche dai danni al corpo.

Non farò causa neanche all’azienda, perché ritengo che alla fine la colpa non sia loro. L’errore è stato a monte, nelle prime fasi di ricovero.

Pensi che questo episodio possa apportare cambiamenti al tuo modo di essere infermiere?
Aver subito questa aggressione mi ha cambiato solo temporaneamente dal punto di vista fisico. Dal punto di vista psicologico invece non mi sento diverso da prima: ho voglia di tornare a lavorare. Ho la coscienza pulita, avendo salvato la vita del paziente, posso camminare a testa alta e dormire serenamente di notte.

Sarebbe stato più traumatico per me guardare il ragazzo suicidarsi gettandosi dalla finestra. Quindi per me questo sarà un input per dare ancora di più per questa professione. Anche se può sembrare strano, questo infortunio mi ha dato ancora più consapevolezza facendomi capire che questa sia davvero la mia strada e sono contento di essere riuscito ad evitare una strage.

Non penso affatto di essere un eroe, ma sono convinto che quanto accaduto debba servire per far capire l’importanza di garantire maggiore sicurezza negli ospedali italiani.

Sono certo che non tutti i colleghi aggrediti possano riuscire a vivere quanto subito nello stesso modo. Per molti può essere un vero shock anche dal punto di vista psicologico. Il grande sforzo sostenuto per conseguire la laurea e per raggiungere la mia attuale posizione lavorativa mi spinge a voler continuare a svolgere quello che per me è il lavoro più bello del mondo ed il più soddisfacente.

Spero solo che questi episodi di violenza possano essere presi maggiormente in considerazione dalle aziende sanitarie e che possano essere adottate soluzioni finalizzate ad evitarli, perché non si può promuovere la salute e rischiare di essere aggrediti mentre si sta svolgendo il proprio lavoro. Spero in futuro di riceve qualche tutela in più da parte degli organi preposti e di non dovere recarmi al lavoro con la paura.

Quali sono le tue condizioni di salute?
Sono contento che non sia finita peggio: sul carrello in stanza erano presenti forbici e bisturi. Avrebbe potuto impossessarsene ferendo me o il medico al torace o all’addome.

Ho subito un primo intervento ed ora sono in infortunio. Fortunatamente io sono stato segnato solo a livello fisico. A livello psicologico non ho subito danni: sarei pronto a tornare a lavorare anche domani, se solo potessi.

Questo episodio ha provocato in me molto dispiacere. Essere aggredito mentre ero intento a fare il mio dovere non è mai bello, soprattutto considerato che stessi cercando di salvare la vita di un paziente che stava per defenestrarsi. Sono comunque contento di poterlo ancora raccontare di persona.

Molti mi hanno chiesto per quale motivo abbia fatto un gesto simile, rischiando la mia stessa vita in una tale situazione. È stata una cosa istintiva: ho solo cercato di preservare la salute di quel paziente, pur dimenticando per un istante della mia incolumità. Non mi sarei mai potuto perdonare il fatto di avere assistito ad un paziente che tenta di suicidarsi senza aver mosso un dito.

Tornerò più forte di prima a lavorare.

Redazione

Fonte: www.nursetimes.org

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