OSS: tutti i setting assistenziali e il lavoro d’equipe
L’OSS svolge la sua prestazione lavorativa sia in ambito sociale che sanitario
Nel caso dell’operatore socio – sanitario con formazione complementare in assistenza sanitaria può adoperare la propria attività professionale in diversi contesti socio assistenziali tipici di questa figura (ad esempio, agenzie attive nel settore dell’assistenza, ambulatori , cliniche, comunità e case famiglia).
I servizi residenziali in cui l’oss presta il suo operato si dividono in:
- case protette;
- case albergo, sono gruppi di mini appartamenti destinati a persone anziane autosufficienti, dotati di tutti gli accessori per consentire una vita autonoma;
- comunità alloggio o gruppo appartamento, piccole strutture o appartamenti strutturati come vere e proprie comunità familiari, destinate ad accogliere persone anziane con un adeguato grado di autonomia o persone in stato di difficoltà sociale, in cui sono presenti camere autonome e spazi ad uso comune. Si caratterizzano per la presenza programmata di operatori socio-sanitari, anche di notte, ed educatori;
- residenze sanitarie assistenziali (RSA);
- comunità terapeutiche destinate all’accoglienza e al trattamento polispecialistico per persone alcool dipendenti e tossicodipendenti;
- hospice;
Ci sono altri luoghi definiti servizi semiresidenziali dove l’oss svolge la sua attività lavorativa suddividono in:
- Centri diurni integrativi (cd.CDI) destinati all’accoglienza di anziani e disabili;
- Centri socio-riabilitativi;
Per concludere vanno prese in considerazione le strutture del Servizio sanitario nazionale attraverso le quali esso esplica le sue finalità assistenziali e sanitarie nei confronti degli assistiti:
- ASL;
- scuole;
- servizi di assistenza domiciliare, anche integrata;
- centri di accoglienza, quali consultorio SERT;
- strutture ospedaliere;
- dipartimenti di salute mentale;
- distretti sanitari di base.
L’OSS e il lavoro nelle case protette
In questa tipologia di strutture vengono accolti anziani parzialmente o totalmente non autosufficienti per stati degenerativi tipici con l’avanzamento dell’età o per motivi legati a particolari patologie pregresse e stabilizzate, privi di reali supporti familiari e parentali, e quindi, impossibilitati di prestare la dovuta assistenza al parente in condizioni di difficoltà.
Tale struttura assistenziale si ispira a seguenti :
- rispetto dell’anziano;
- programmazione sistematica degli obiettivi da conseguire;
- divisione delle responsabilità, stabilite e individuali;
- interdisciplinarità e multidisciplinarietà del piano di lavoro;
- integrazione globale con le risorse sul territorio;
- lavoro d’èquipe e di gruppi
Nella casa protetta per anziani il numero degli ospiti sarà necessariamente di misura ridotta e, anche grazie a ciò, l’avvio del piano assistenziale avviene con la raccolta dei dati, a cui segue la registrazione sulla scheda VAOR (Valutazione anziano ospite in residenza).
La scheda VAOR è la versione italiana del Sistema RAI (Resident Assessement Instrumental).
Bisogna dare merito alla cattedra di Gerontologia e Geriatria dell’Università di Roma per aver ideato un sistema registrazione dei pazienti all’interno delle strutture sanitarie che permette attraverso parametri ben definiti di monitorare lo stato di salute della persona.
La traduzione, la validazione e la diffusione di questo strumento possiamo ritenerli passaggi fondamentali per il maggiore utilizzo e conoscenza dello strumento.
Il modello originario venne commissionato dal Governo degli U.S.A dopo la legge OBRA 1987, a un gruppo di esperti a cui fu chiesto di redigere una scheda di valutazione multidimensionale che potesse essere utilizzata in tutte le nursing homes degli Stati Uniti. Il fine era di fornire a tutto il personale infermieristico uno strumento di lavoro similare e tale da rendere possibile un modello di qualità, e di creare una banca dati di tutte le nursing home degli Stati Uniti.
La scheda di valutazione elementare del residente permette l’elaborazione di un piano di assistenza infermieristica individuale, che favorisca il massimo livello di recupero fisico, mentale e psicosociale dell’anziano in residenza.
L’OSS e l’èquipe di lavoro
L’èquipe di lavoro nella casa protetta è costituita: dall’infermiere, dagli operatori di base (tra cui l’OSS e l’OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria), dal fisioterapista, dal medico, da un assistente di base-tutor, dal responsabile delle attività assistenziali e dal coordinatore dell’intero team.
Quest’ultimo ha il delicato compito di creare e mantenere un clima di fiducia e comprensione reciproca nella struttura e durante le riunioni, di curare il corretto funzionamento del flusso informativo e di sostenere la creatività e produttività del gruppo, garantendo la divisione del lavoro e degli impegni organizzativi e metodologici. Gli operatori di base, tra cui l’OSS e l’OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria, identificano i bisogni del paziente e analizzano i dati che poi successivamente trasferiscono all’équipe.
Il responsabile delle attività assistenziali e l’assistente di base tutor hanno il compito, tra l’altro, di preparare la relazione della visita domiciliare all’anziano, che precede il suo ingresso nella casa protetta.
Questa strategia ha lo scopo di fornire a tutti gli operatori un quadro il più possibile preciso delle esigenze dell’utente e di dare all’anziano la possibilità di essere informato quotidianamente sui servizi della struttura.
L’OSS e il lavoro nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA)
Malgrado al giorno d’oggi si tende ad incentivare l’assistenza domiciliare, spesso nella maggior parte dei casi si rende necessario a causa della complessità dell’assistenza sanitaria da dover erogare e per la mancata autosufficienza della persona, l’inserimento del paziente in residenze sanitarie assistenziali (RSA). Si tratta generalmente di anziani con patologie gravemente invalidanti e con scarso supporto familiare ma anche portatori di patologie neurologiche neuropsichiatriche stabilizzate.
Nelle RSA gli interventi sono di natura terapeutica, riabilitativa e di mantenimento, non effettuali bili a domicilio o nei centri diurni.
Le residenze sanitarie assistenziali devono presentare alcuni requisiti strutturali e tecnologici:
- una capacità ricettiva non inferiore ad una determinata soglia (in genere minimo 20 posti letto) e non superiore al altra (in genere 120 posti letto);
- un’area destinata alla residenzialità composta da camere da letto, servizi igienici attrezzati per la non autosufficienza, ambulatorio e medicheria, cucina attrezzata, spazi collettivi di vita anche comune;
- un’area destinata alla valutazione e alla terapia quali locali con idonee attrezzature per prestazioni assistenziali, locali per l’erogazione delle prestazioni di riabilitazione;
- un’area di socializzazione;
- un’area generale di supporto con uffici amministrativi, cucina, magazzini, e dispositivi.
Il modello organizzativo del lavoro prestato dagli operatori sanitari in questa tipologia di strutture verte sui seguenti punti:
- valutazione multidimensionale dei problemi/bisogni sanitari, cognitivi, psicologici, sociali dell’ospite, all’atto dell’ammissione e in seguito, periodicamente;
- stesura di un piano individualizzato di assistenza che corrisponde fa fronte ai problemi/bisogni identificati;
- applicazione del metodo dell’interdisciplinarietà;
- coinvolgimento della famiglia dell’ospite.
L’OSS e il lavoro nei centri di cure palliative
Per malati terminali si intendono i pazienti affetti da patologia neoplastica terminale che necessitano di cure finalizzate ad assicurare una migliore qualità della loro vita.
Con il D.P.C.M che definisce i Livelli essenziali di assistenza sanitaria garantiti dal Sistema sanitario nazionale, per i malati terminali, sono state predisposte misure assistenziali specifiche tra cui l’assistenza domiciliare sanitaria socio-sanitaria, l’assistenza territoriale, residenziale e semi-residenziale nei centri residenziali di cure palliative, i trattamenti erogati nel corso del ricovero ospedaliero e gli interventi ospedalieri a domicilio.
Secondo la definizione fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le cure palliative si rivolgono a pazienti in fase terminale di malattie croniche ed evolutive, quali, ad esempio, malattie oncologiche, neurologiche, respiratorie, cardiologiche di una certa gravita e caratterizzate da una progressiva perdita di autonomia, dal manifestarsi di sintomi fisici, come il dolore, e psichici che coinvolgono anche il nucleo familiare e le relazioni sociali.
Esse, pertanto hanno lo scopo di offrire al malato la massima qualità di vita possibile, nel rispetto della sua volontà, aiutandolo a vivere al meglio la fase terminale della malattia ed accompagnandolo verso una morte dignitosa.
All’interno di questa ultima fase della vita del paziente riveste un ruolo fondamentale l’OSS che attraverso la sua attività professionale nell’assistenza alla persona morente restituisce dignità e sostegno a questa ultima e delicata fase di vita del paziente che alcune volte viene tralasciata in modo decisamente superficiale.
Dal punto di vista etico le cure palliative:
- Affermano il diritto supremo alla vita e considerano la morte come un evento naturale;
- non accelerano ne ritardano la vita;
- provvedono al sollievo dal dolore e dagli altri sintomi;
- integrano gli aspetti psicologici, sociali e spirituali dell’assistenza;
- offrono un sistema di supporto per aiutare la famiglia durante la malattia e durante il lutto.
La L. 15 marzo 2010, n 38 reca disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alle terapie del dolore da parte del malato, nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza. La finalità è quella di assicurare il rispetto della dignità e dell’autonomia della persona umana, il bisogno della salute, l’equità nell’accesso all’assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze.
A tal fine, le strutture sanitarie che erogano cure palliative e terapie del dolore devono assicurare un programma di cura individuale per il malato e per la sua famiglia, rispettando i principi fondamentali della tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione; della tutela e promozione della qualità della vita in ogni fase della malattia, in particolare in quella terminale, e di un adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia.
L’OSS e il lavoro nelle strutture hospice
Gli hospice sono centri residenziali di cure palliative. Sono fisicamente situati all’interno di strutture ospedaliere o sul territorio e possono essere gestiti direttamente dalle Aziende sanitarie o da associazioni di volontariato no profit, in convenzione con le Aziende sanitarie.
Al suo interno vengono erogate sia prestazioni di ricovero diurno (Day Hospital e Day Hospice) che di ricovero residenziale.
Differenti figure professionali compongono l’èquipe dell’hospice: medici, medici specialisti, psicologi, infermieri, OSS e OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria, fisioterapisti, e moderatori culturali.
Si parla, più propriamente a tal proposito, di una rete di cure palliative, in senso ampio; cioè di quelle attività di cura e assistenza insieme che sono dirette a far sì che il paziente e chi gli sta intorno possano affrontare la malattia senza sensazione di isolamento, ma anzi venendo seguiti da un’equipe di professionisti ben coordinati, sia sul territorio che nella struttura di cura.
L’Hospice rappresenta quella tipologia di struttura sanitaria residenziale dedicata alla cura di pazienti in stato terminale, un luogo nel quale la persona viene accompagnata, nelle ultime fasi della sua vita, con un appropriato sostegno medico, psicologico e spirituale.
L’assistenza nell’hospice è gratuita, ma l’accesso alla struttura avviene attraverso i reparti ospedalieri o dal domicilio tramite richiesta del medico curante.
L’OSS e il lavoro nel centro diurno
Gli utenti di questa struttura, che rappresenta una ottima alternativa al ricovero ospedaliero, sono abbastanza autosufficienti e hanno ridotti problemi di salute. E’ essenzialmente un luogo di incontro, svago che funge da aggregazione sociale compreso di numerosi servizi che rendono il soggiorno della persona confortevole e accogliente.
All’interno del centro diurno possiamo trovare anche soggetti non autosufficienti per questo è fondamentale in queste strutture la figura dell’OSS per garantire la migliore assistenza possibile.
Il centro diurno è destinato ad accogliere gli anziani come utenza di riferimento e persegue i seguenti obiettivi:
- favorire la permanenza dell’anziano nel proprio domicilio;
- costruire o mantenere una rete di relazioni che eviti l’isolamento sociale;
- mantenere elevati livelli di autosufficienza.
Essendo una struttura aperta al territorio, favorisce la cooperazione tra gli utenti stessi, o tra gli anziani e i cittadini, o tra le organizzazioni di volontariato.
L’OSS e il lavoro nei centri socio-riabilitativi
Si tratta di strutture destinate principalmente rivolte all’accoglienza e assistenza di pazienti disabili le cui finalità sono:
- Offrire ospitalità diurna e assistenza qualificata per soddisfare i bisogni primari e psicologici degli utenti, costruendo per ognuno di essi un progetto socio-riabilitativo che parta dalle capacità e potenzialità individuali e permetta lo sviluppo e il mantenimento della maggiore autonomia possibile (autonomia personale, ambientale, cognitiva e relazionale) e il benessere pisicofisico;
- fornire sostegno e supporto alle famiglie nella gestione del disabile favorendo anche la permanenza nel proprio nucleo familiare;
- favorire l’integrazione sociale degli utenti attivando strategie e opportunità di rapportarsi all’ambiente esterno ed agli spazi di vita del territorio.
Le attività che normalmente caratterizzano l’esperienza dei CSR sono:
- attività di assistenza e cura della persona collegate ai bisogni primari e al benessere psicofisico;
- attività educative indirizzate alla autonomia personale;
- attività terapeutico-riabilitative mirate all’acquisizione e al mantenimento delle capacità comportamentali, cognitive e affettivo-relazionali;
- attività espressive;
- attività di socializzazione e d’uso degli spazi di vita del territorio;
- attività con significato occupazionale.
Giovanni Recchia
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