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8 marzo 2021: un augurio alle infermiere per il loro doppio impegno sul lavoro al tempo di Covid e nella famiglia

Il 2020, anno della pandemia (ma ancora anche il 2021, purtroppo) ha avuto per gli infermieri le donne come simbolo.

Nelle immagini, con l’infermiera abbandonata sul computer del suo posto di lavoro o quelle segnate pesantemente dalle mascherine per l’impegno totale verso i pazienti le cui immagini hanno fatto e fanno il giro del mondo per testimoniare l’impegno verso chi soffre.

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Nei riconoscimenti, con tre cavalierati della Repubblica con cui il Capo dello Stato ha voluto premiare infermiere che si sono distinte particolarmente non solo per la loro capacità clinica, ma per l’umanità e la prossimità verso gli assistiti.

Con le loro storie, raccontate dai media e in numerosi libri scritti durante i lockdown che hanno messo in evidenza la capacità delle infermiere di non fermarsi davanti alla pandemia, ma anche di proseguire a essere vicine alle loro famiglie, a non far mancare mai la vicinanza ai loro assistiti e ai loro cari.

Come ha scritto Florence Nightingale, fondatrice dell’infermieristica moderna “Ogni donna, o quasi ogni donna, nel corso della propria vita, prima o poi deve farsi carico della salute di qualcuno. Ogni donna è un’infermiera”.

L’8 marzo è la festa della donna e si potrebbe dire anche la giornata delle infermiere: la professione infermieristica è particolarmente “rosa” ed è stata la più esposta in assoluto, tra le professioni sanitarie, al virus, quella più presente in prima linea contro di lui.


Su 454.692 infermieri iscritti all’Albo, oggi 347.645 (il 76,5%) sono donne.


Sono state 28 le infermiere morte finora in servizio a causa del Covid19, su un totale di 82 infermieri deceduti da inizio pandemia durante lo svolgimento del loro lavoro. Per quanto riguarda le infermiere contagiate, secondo le percentuali Inail e i dati rilevati dall’ISS le sole infermiere sarebbero oltre 54mila

I dati Inail ovviamente non tengono conto dei liberi professionisti e noi contiamo in Italia almeno 10mila infermieri liberi professionisti contagiati “extra Inail” e considerando la proporzione maschi/femmine nella professione infermieristica, possiamo pensare che almeno 6mila di questi sono donne infermiere libere professioniste, che si aggiungono a quelle censite da Inail.

E c’è un capitolo che va sottolineato quando si parla di infermiere, quello della violenza.

Per quanto riguarda la violenza sulle donne-infermiere sul posto di lavoro circa 180mila infermiere l’hanno subita e per oltre 100mila si è trattato di un’aggressione fisica.

“Si dovrebbero prevedere pene anche più severe per chi aggredisce verbalmente e fisicamente un professionista sanitario donna sul luogo di lavoro – dice Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione degli ordini delle professioni infermieristiche – prevedendo l’aggravante del pericolo che nell’azione possono correre gli assistiti. Ma si devono anche prevenire le aggressioni non fisiche regolamentando ad esempio l’uso dei social nei luoghi di lavoro e rispetto all’attività professionale per evitare commenti, furti di identità e proposte inappropriate: ne sono vittima circa il 12% dei professionisti coinvolti che nel caso delle infermiere sono per il 78% e in alcune Regioni si supera il 90 per cento”.

Rita Levi Montalcini ha detto: “Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale delle società.”

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