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Lavoratrici dell’ospedale di Empoli spiate sotto la doccia: sit-in davanti al tribunale per l’inizio del processo

Lunedì 19 febbraio un gruppo di infermiere, oss e dottoresse dell’ospedale San Giuseppe di Empoli ha partecipato ieri alla prima udienza del processo a carico di tre tecnici manutentori di una ditta esterna all’Asl accusati di aver spiato le dipendenti della struttura con una videocamera endoscopica piazzata nel locale docce degli spogliatoi femminili. I fatti risalgono al maggio del 2022 e furono le stesse lavoratrici a scoprire il marchingegno, costituito da una sonda lunga oltre un metro e collegato a un piccolo display.

“Questi individui, in maniera indecente, hanno violato i diritti non solo delle donne, ma di tutte le persone – spiega, in un video pubblicato sul Tirreno, una delle lavoratrici presenti all’udienza -. Ci siamo riunite e abbiamo deciso di non sorvolare su quanto accaduto. In un periodo di disgrazia mondiale (allude alla pandemia, ndr) alcune persone si sono divertite a guardarci nude mentre ci facevamo la doccia, dopo che avevamo passato ore a contatto con terribili esperienze di morte nei reparti”.

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Aggiunge un’altra delle lavoratrici: “Abbiamo deciso di indossare un foulard rosso come simbolo della violenza sulle donne, perché questa è stata a tutti gli effetti una violaenza sulle donne, oltre che una violazione della nostra privacy. Vogliamo giustizia”.

Le lavoratrici – 18 in tutto – hanno inscenato un sit-in di fronte al Tribunale di Firenze, mostrando un cartello recante la scritta: “Ogni volta che una donna lotta per se stessa, lotta per tutte le donne”. Una significativa citazione della poetessa Maya Angelou.

Il primo atto del giudizio è durato solo pochi minuti, prima che il giudice rinviasse tutto al 17 giugno 2024 per un vizio di notifica del decreto di citazione a giudizio. I tecnici a processo sono un 41enne di Capraia e Limite, un 36enne di San Miniato e un 57enne di Castelfranco di Sotto. I reati sono quelli di interferenze illecite nella vita privata, concorso e continuazione, con l’aggravante dei “motivi abbietti”. I tre rischiano fino a quattro anni di carcere.

Redazione InfoNurse

Fonte: Nurse Times

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