”Ci proveremo finché ce la faremo”, la testimonianza di un’infermiera di Roma
Sono un’infermiera di Roma, attualmente in un reparto Covid19. Inizio dicendo che vorrei domani fosse tutto finito quando aprirò gli occhi. Oggi dopo un turno massacrante mi sento demoralizzata. Sembra tempo di guerra negli ospedali, stiamo cercando di dare il massimo, ma non basta. Mi viene la rabbia solo a pensare cosa ancora ci aspetterà, siamo solo a novembre. Non mi vergogno a dire che si suda, si suda da morire dentro quelle tute, il naso decubita, con tre paia di guanti si perde la sensibilità alle mani e quei maledetti occhiali si appannano, ma ci mettiamo lì comunque a cercare quella maledetta vena. In alcuni momenti sento di non farcela, ma non mollo. Torno a casa e mi resetto. Stiamo perdendo la dignità di persone per riuscire al meglio ad essere dei buoni professionisti. Cadiamo anche noi, siamo umani. Quindi non permetto di parlare a chi sta davanti a una tv e pensa che sono tutte menzogne. Non so cosa sta accadendo di preciso, ma so che negli ospedali ormai è diventato impossibile. Oltretutto non permetto a nessuno di dire che il virus non esiste. Porterei ognuno di loro a fare un bel giro nei reparti e nelle terapie intensive, non resisterebbero 10 minuti conciati in quel modo. Da quando tutto è iniziato ho sempre usato il termine “DEVASTANTE”, perché tutto ciò devasta la mente, il corpo e il cuore. A marzo mi sono promessa che ce l’avremo fatta, ad oggi non ne sono più tanto convinta. Ci proveremo finché ce la faremo. Fino alla fine.
Giada
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