SHC al Governo: “Niente di nuovo sul fronte sanità”
Riceviamo e pubblichiamo una lettera inviata dal sindacato Human Caring Sanità al premier Conte, al ministro Speranza e al viceministro Sileri.
Egregi On.li,
non mancano solo posti letto, la vera emergenza in questo momento per affrontare la seconda ondata di Covid-19 è l’assenza di operatori socio sanitari. Non bastano 1.500 oss distribuiti tra le carceri e Rsa, serve una massiccia campagna di assunzioni a tempo indeterminato, assunzioni dalle graduatorie aperte e non da agenzie interinali. Pericoloso e disdicevole mandare gli studenti con contratti co co co allo sbaraglio privi di titolo e di esperienza nell’assistenza a compensare l’emergenza covid; pericoloso per l’utente, per l’operatore e per i familiari.
Siamo senza parole e sbalorditi, tutto per mettere una toppa alla carenza di personale. Non deve esserci uno sfruttamento o un impiego “usa e getta” di tanti oss. Tutti devono e possono essere utili in un frangente così particolare, ma stiamo parlando di attività importanti, che a nostro avviso solo un oss formato può svolgere. Gli ospiti delle Rsa hanno diritto ad assistenza infermieristica e non solo di assistenza elargita dagli operatori sociosanitari che devono svolgere anche competenze infermieristiche in assenza degli infermieri; ma urge anche un supporto dai propri cari, unici punti di riferimento nella loro vita. Rimangono nelle orecchie degli operatori fine turno le voci disperate degli ospiti che chiedono aiuto poiché sono mesi che non vedono i loro cari.
L’operatore sociosanitario non può somministrare la terapia “farmaci” ed attuare interventi diretti (manovre invasive) alla persona (ospiti-utenti) senza attribuzione specifica e supervisione dell’infermiere. Tra le competenze ascrivibili a tale operatore, non è prevista la somministrazione della terapia farmacologica, l’operatore socio-sanitario può: “aiutare-in sostituzione e appoggio dei familiari, su indicazione dell’infermiere, per la corretta assunzione dei farmaci prescritti e può gestire l’utilizzo di apparecchi medicali di semplice uso”.
Per la tipologia di formazione e le competenze attribuite, l’operatore socio-anitario, a seguito degli interventi legislativi nel settore delle professioni sanitarie, è ritenuto, secondo il ministero della Salute, far parte della categoria dell’Operatore d’interesse sanitario, di cui all’articolo 1, comma 2, della Legge 26 febbraio 2006, n. 43, ed in quanto tale non assimilabile alle professioni sanitarie, che conseguono un’abilitazione all’esercizio professionale all’esito di un corso universitario.
La situazione nelle Rsa necessita:
– rapida revisione strutturale (strutture obsolete e fatiscenti);
– implemento dell’organico: ” assunzione di infermieri e di operatori sociosanitari oss con competenze specifiche per assistere in ambito geriatrico ad alta complessità assistenziale e clinica;
– revisione di ruolo e responsabilità degli operatori socio-sanitari, che oggi hanno un raggio d’intervento ampio nell’assistenza diretta alla persona;
– innovazione delle tecnologie appropriate alle nuove esigenze di programmazione, pianificazione, gestione e controllo dei processi di assistenza, da porsi in un sistema di massima qualità e sicurezza.
Oggi non è più accettabile che la politica consideri le Rsa “cenerentole” delle reti assistenziali-cliniche. Per gli operatori sociosanitari oss che lavorano nei servizi Covid occorrono turni di lavoro più brevi, sicurezza DPI, ergonomia ambientale, tutele personali e della famiglia. Vengono a mancare cicli di formazione per l’oss per sviluppare specifiche competenze tecniche e relazionali con affidamento a tutor clinici esperti. Occorre preparare contingenti di professionisti operatori sociosanitari con alta qualificazione e per questo adeguatamente remunerati.
Le aziende ospedaliere, ma soprattutto nelle rsa non hanno istituito servizi di supporto psicologico, sociale, professionale specifico per i professionisti esposti a stress lavoro correlato. Quello che notiamo, in questa emergenza covid, che ogni professionista non è considerato un capitale umano in quanto persona e prima ancora che una risorsa di contesto deve essere un paradigma primario per l’organizzazione. I pronto soccorso sono al collasso e indirizzano tutto al privato. Assistiamo nuovamente alla riduzione degli ambulatori se non addirittura alle interruzioni delle visite ospedaliere ordinarie “non Covid” , gravi attese da parte dei pazienti oncologici e cardiologici e di cittadini con patologie selettive rinviati anche di un anno.
Egregi On.li, continuare a fare encomi postumi dimostra la debolezza del sistema politico, sindacale, ordinistico, manageriale. I Paesi Bassi sono il primo Paese al mondo a stanziare un indennizzo per i dipendenti della pubblica amministrazione costretti a lavorare in stato di emergenza. La cifra, pari a 363 euro all’anno, tiene conto delle utenze come gas, acqua, elettricità, gli oss non hanno percepito il bonus promesso, non sono stati considerati, poiché le Regioni hanno gestito male le risorse date.
La Sanità ha fallito, il Governo ha dato la possibilità di assumere 34 mila persone in più (medici, infermieri, operatori socio-sanitari, tecnici di laboratorio). Dove sono? Sono state messe a disposizione le apparecchiature occorrenti per raddoppiare i reparti di terapie intensive; molte Regioni non hanno trasformato i posti letto in terapia intensiva, non hanno mai richiesto le attrezzature necessari.
Il Governo ha dato 7 miliardi in più per affrontare l’emergenza: non si sa dove sono finiti; la sanità pubblica ha nuovamente fallito. Non sentiamo mai parlare di carenza organica di operatori socio-sanitari oss, è necessario e urgente ripensare al sistema salute, alla tutela incondizionata del diritto alla salute.
Professionisti sanitari e operatori socio sanitari hanno diritto a lavorare in sicurezza e offrire sicurezze a chi curano. Il personale del sistema salute presenta sintomi di burnout da emergenza Covid, trasformandosi in vere e proprie patologie con disturbi neurologici. Le emozioni provate hanno avuto un impatto forte e si sono riscontrati livelli di stress altissimi tra il personale in prima linea durante la fase più critica dell’emergenza.
Ricomincia l’emergenza, ricomincia la paura di rivivere le stesse esperienze, di sentirsi sovraccarichi di lavoro e, soprattutto della responsabilità di dover salvare numerose vite, evitando di contagiare se stessi e di conseguenza i propri cari è molto diffusa. La paura di non farcela. Ma anche questa è una medaglia dalla doppia faccia: gli OSS-ASA-OSA si prodigano per i pazienti, utenti, ospiti, sapendo che da un momento all’altro potranno essere loro stessi o le persone che gli sono più care ad aver bisogno di ricevere la medesima assistenza. Niente di nuovo sul fronte della sanità!
Redazione InfoNurse
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